The friendly molecules
Chemistry for agriculture
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the author's journeys
From materials for eco-friendly buildings to shoes made from apples, from cosmetics made with honey to innovative textiles for Italian fashion that re-establish crops previously thought to be extinct. There is a branch of functional agriculture that feeds new industrial sectors where science, technology and nature work together to (re)build a good world. Italy has proven itself to be in the forefront of scientific advancement where the third dimension, that of creativity, supported by technology and sustained by ever more evolved and specialised agriculture, becomes the new horizon for sustainable development. Development that values intuition over size, ability over power, and substance over finances. And as for alternative substances, or should we say substances as old as man, they are what feeds this green factory which is, based on the Italian example, a widespread factory organised according to the region, where expertise, ability and production work in synergy. This is so-called “soft chemistry” which we would do better to call natural chemistry or, even better, the “alchemy of sustainability” whereby the waste products of production, biomass, low-impact and even lower market value cultivations, become value-enhancers thanks to research and the creation of integrated production chains that allow for the optimisation of production processes. The third road that has been undertaken by Italy in “soft chemistry” lies not so much in the destination of a part of the crops to non-food uses as happens in other parts of the world where the production of biomass for bio-fuels and bio-energy is becoming a dangerous competitive factor in food agriculture, as in the exploitation of the waste products of agro-food production or marginal crops cultivated on marginal land in order to obtain new materials that can boost the overall efficiency of the agro-industrial production chain. All of this while supporting a true green economy project: that of incorporating the concept of threshold and discovering infinite applications for finite resources.
I casi aziendali che hanno ispirato i viaggi d’autore
NOVAMONT S.P.A.
RECOFUNGHI DI DANIELE GIOIA
La realtà industriale di Novamont affonda le sue radici nella Scuola di Scienza dei Materiali Montedison da dove alcuni ricercatori hanno iniziato a sviluppare il progetto ambizioso di integrazione tra chimica, ambiente e agricoltura: la “Chimica vivente per la qualità della vita”. A capo di questi ricercatori c’era e c’è ancora Catia Bastioli, scenziata della chimica verde italiana, che ha trasformato Novamont, prima come Direttore Tecnico, poi come Direttore Generale ed infine come Amministratore Delegato, da centro di ricerche a industria di riferimento nel settore delle bioplastiche e dei prodotti da fonte rinnovabile a basso impatto ambientale. Oggi con le bioplastiche Mater-Bi, oltre ai sacchetti, si producono posate, piatti, bicchieri, giocattoli, vaschette alimentari, teli per pacciamatura biodegradabili. Suo il modello della bioraffineria integrata nel territorio e quello delle Bioraffinerie di terza generazione che porterà all'avvio di un progetto coordinato da Novamont con ENEA, CNR, CRA, Università di Perugia, Agrinewtech, Filarete Servizi e Matrìca. Il modello prevede che la priorità venga spostata sull’efficienza dell’uso delle risorse, sui prodotti ad alto valore aggiunto, sull’economia di sistema e sulle filiere corte. Oltre ad essere tra i fondatori di Matrìca, nel 2011 ha fondato Mater-Biotech, joint venture con la californiana Genomatica, per costruire in Italia il primo impianto al mondo per la produzione di Butandiolo da risorse rinnovabili. Nel 2012 ha ampliato il centro di ricerca Novamont rilevando da Sigma-tau un centro di ricerca di biotecnologie mediche riorientandone le attività verso le biotecnologie industriali. Oggi la Novamont ha raggiunto una leadership riconosciuta a livello internazionale nel settore delle bioplastiche e dei biochemicals e attraverso un nuovo modello di sviluppo sostenibile, e promuovono la transizione da un’economia di prodotto ad un’economia di sistema puntando sulla valorizzazione dei territori e su prodotti capaci di ridisegnare interi settori applicativi, riducendo i costi delle esternalizzazioni sull’ambiente e sulla società.
Recofunghi produce funghi, utilizzando fondi di caffè. Sembra bizzarro, ma è proprio da un’intuizione azzardata che Daniele Gioia ha saputo creare un’azienda altamente sostenibile che trasforma gli scarti in prodotto commestibile di altissima qualità. Perché in natura non esistono scarti e seguendo il filo logico di questa verità Daniele, dopo alcuni anni di tentavi e sperimentazioni, è arrivato alla soluzione ottimale per produrre funghi. Nella piccola cittadina della Basilicata di Pietrogalla, si raccolgono i fondi di caffè dai bar, e poi vengono lavorati a mano per preparare il terreno ai funghi. Una storia vera, che supera la Green Economy ed atterra nella Blue Economy, quella della sostenibilità delle produzioni fondata sul riutilizzo di materia. Recofunghi è una azienda win-win in cui tutti gli attori della filiera hanno un beneficio: vincono i cittadini risparmiando il conferimento in discarica di una materia considerata impropriamente un rifiuto; vincono gli esercenti, che decidono di non disfarsi del prezioso scarto utilizzando a livello promozionale la loro scelta (e in un domani più o meno distante riducendo la loro tariffa per lo smaltimento dei rifiuti); vince Recofunghi ottenendo materia prima di ottima qualità a prezzi competitivi; vincono i consumatori che possono gustare un prodotto di qualità e con ottime caratteristiche sensoriali e nutrizionali, testate dal Centro Italiano di Analisi Sensoriali di Macerata.
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