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El cacao, el chocolate y la pastelería
La tradizione dolciaria italiana, si sa, è ricchissima, e anche in tema di cioccolato il nostro Paese vanta un bel primato: la prima donna al mondo a rivestire il ruolo di maître chocolatier è infatti italiana. Cecilia Tessieri è la pioniera del cioccolato: nel 1990 apre un piccolo laboratorio dove inizia a produrre praline, ma presto si rende conto della necessità di un miglioramento qualitativo, a partire dalla materia prima. Per questo inizia a cercare, in vari Paesi del mondo, le varietà di cacao più autentiche e legate ai territori che le generano. A questa ricerca si affianca quella dei macchinari antichi, che oggi Cecilia utilizza insieme a quelli moderni per la produzione del suo cioccolato, frutto delle competenze acquisite e di sperimentazioni su nuovi metodi di lavorazione. Amedei è l'unica azienda in Italia a produrre cioccolato con semi di cacao identificati e ad avere un controllo completo su tutta la filiera, dal seme alla tavoletta. La sede dell'azienda è una vecchia fonderia di Pontedera, dove vengono lavorati semi provenienti da Madagascar, Venezuela, Giamaica, Ecuador, Trinidad e Grenada e da dove il cioccolato prodotto riparte come eccellenza per finire sulle tavole, italiane e non. Inoltre, tutti i prodotti dell’azienda hanno la certificazione kosher.
La storia di Babbi è una storia di famiglia: inizia con Attilio Babbi, classe 1906, che dimostrò da subito passione per il mondo dolciario fino a fondare nel 1952 l’azienda dedicata alla produzione di cialde, coni, semilavorati per maestri gelatai. La produzione era altamente stagionale, quindi Babbi decise di sfruttare i mesi invernali per creare una nuova linea di prodotti, ossia le specialità dolciarie. Materie prime nobili, ricercate e lavorazione artigianale: queste le regole per l’azienda, sempre alla ricerca di qualcosa di unico e irripetibile. Sono nati così i wafer viennesi e il Waferino che ha conquistato il mondo. Negli anni successivi, Attilio Babbi è stato affiancato dal figlio Giulio che ha ampliato la rete commerciale, mentre i nipoti hanno messo in piedi la produzione di gelati e raffinati dessert fino a diventare ‘la leggenda del gelato italiano’. Oggi Babbi è fortemente posizionata sul mercato internazionale con una filiera operativa in Spagna e negozi monomarca in Giappone.
Il nome dell’azienda - nato per caso durante una fiera - racchiude in sé tutta l’essenza del mestiere del cioccolataio, un lavoro che si fa e si disfa, in cui è visibile la manualità che porta al prodotto finito. La storia inizia nel 1924 a Domodossola, quando Giusto Cabalà rileva la pasticceria Grandazzi, dove, accanto alle paste, inizia a produrre anche i cioccolatini boeri, fatti interamente a mano con ciliegie messe a riposare nelle botti di Maraschino. Una ricetta che sopravvive tuttora. Oggi a guidare l’azienda sono tre sorelle, nipoti di Giusto, che nel 2004 hanno deciso di trasformare il laboratorio, da pasticceria, in una vera e propria cioccolateria. Il punto di forza è, oltre all’elevata qualità, l’originalità delle forme: computer, cassetta degli attrezzi, macchina fotografica, microfono e persino un’auto d’epoca. Tutti rigorosamente di cioccolato. Oltre ai boeri, prodotti di punta sono le piode – che riprendono la forma delle lastre di pietra tipiche della Val D’Ossola – e la tavolettera, una normale tavoletta di cioccolato, inserita, insieme ad una poesia, in una busta da lettera. A seconda della ricorrenza, ci può essere una poesia per il Natale, per la Pasqua, per la festa della mamma o per San Valentino. Grazie all’e-commerce, queste prelibatezze vengono vendute in tutto il mondo.
La prima immagine che viene in mente pensando al cioccolato piemontese è quella di una piccola barchetta dorata di gianduia, simbolo di una scuola cioccolatiera che si riassume nel marchio Caffarel. Dietro questo grande nome dell’industria dolciaria italiana, si nasconde la storia di una conceria di Torino, trasformata da Pier Paul Caffarel, nel 1826, in un laboratorio diventato uno dei più famosi al mondo. E’ qui che, qualche decennio dopo, arriva la grande invenzione che rivoluziona la storia del cioccolato: sostituendo una parte del cacao con nocciole Tonde Gentili delle Langhe, Caffarel ottiene una pasta tutta nuova, morbida e profumata, con la quale crea il Givu, un cioccolatino dalla forma di barchetta rovesciata. Una vera innovazione di gusto, consacrata durante il Carnevale del 1865 quando la maschera Gianduia, tipica della città di Torino, offre agli spettatori il Givu che, da allora, prende il nome di “Gianduia 1865”, il Gianduiotto. La prelibatezza del cioccolato Caffarel conquista anche Vittorio Emanuele II, che nel 1869 concede all’azienda l’utilizzo dello stemma reale nel suo marchio. Oggi il Gianduiotto rimane il prodotto più apprezzato di Caffarel, realizzato, nello stabilimento di Luserna San Giovanni, con nocciole Piemonte IGP e i migliori cacao americani e africani. La presenza del marchio nel mondo testimonia la grande qualità e la capacità di quest’azienda di restare sempre ai massimi livelli nella produzione del cioccolato.
Ci sono viaggi che possono far trovare la direzione giusta, la missione da compiere: è accaduto anche a Gianluca Franzoni che, dopo gli studi di economia, è approdato in Sud America e, innamoratosi del cacao, ha deciso di dedicarvi la sua vita professionale. Tutto inizia da una visita a una piantagione in Venezuela, durante la quale Gianluca scopre una varietà, il Criollo, che stava scomparendo. La reinserisce in una piantagione e poi studia un modo per lavorare le fave senza stressarle: solo con una lavorazione adatta e delicata, infatti, non si perdono aromi e sapori. Oggi l'hacienda San José, dove è la piantagione, è il più importante centro al mondo per il recupero della biodiversità del cacao Criollo. Nel frattempo, Gianluca Franzoni è diventato presidente di Domori - azienda da lui stesso fondata nel 1997 - che vince premi in tutto il mondo per la qualità. Produce cioccolato di altissimo livello (tavolette 100% fondenti), fave di cacao purissimo, ma anche ricette tradizionali. Tra le collezioni spiccano le tavolette D-Fusion, in cui il cioccolato si sposa con ingredienti insoliti e originali come il latte d'asina, il sale, il peperoncino e la menta, creando sapori sorprendenti. Le Single Origin sono invece un ritorno alle radici dei cacao, ai Paesi in cui le fave hanno origine. Negli anni la qualità della produzione si è elevata tanto da giungere quest’anno a un raccolto perfetto, un’annata speciale, frutto dell’impegno di Gianluca e del suo amore per questo cacao così raro, di cui ha saputo riscoprire le straordinarie caratteristiche.
Ha oltre 110 anni di vita Novi, l’azienda che ha fatto dell’italianità del cioccolato la sua bandiera, dimostrando che quello buono non è solo svizzero e può accompagnare anche momenti impegnativi come una scalata in montagna. Novi è un’impresa nata nel 1903 a Novi Ligure e da qualche decennio parte del grande gruppo dolciario italiano formato anche da Elah, Dufour e Baratti & Milano. Grazie all’accurata selezione delle materie prime, l’azienda realizza da sempre cioccolato di alta qualità, le sue tavolette sono diventate un classico della cioccolateria italiana. I Grandi Nocciolati sono la creazione più felice: nocciole intere delle Langhe immerse in una tavoletta di cioccolato fondente, al latte, gianduia o bianco. Ma la sapienza Novi ha dato vita a prodotti tra i più diversi, dal cremino al gianduiotto, fino alla tavoletta Neronero 99%, un concentrato di puro cacao, dal gusto deciso, adatto ai palati più raffinati. Con Novipiù, l’azienda ha fatto della tavoletta un prodotto tascabile e personalizzato, un valido sostituto alla tradizionale merenda, un modo diverso di gustare puro cioccolato italiano.
Un maggiordomo di nome Ambrogio e una donna vestita di giallo, chi non ricorda la loro presenza negli spot pubblicitari? Una comunicazione particolarmente efficace, entrata nella memoria collettiva, che ha legato questi due personaggi ad uno dei cioccolatini più famosi d’Italia: il Ferrero Rocher. Nato nel 1982 dalla fantasia dei Ferrero, è diventato il prodotto simbolo della storica azienda di Alba: un guscio di wafer con un ripieno di crema di cioccolato e una nocciola intera, tutto ricoperto da uno strato di cioccolato e scaglie di nocciola, avvolto in un inconfondibile incarto dorato. Un prodotto proposto come prelibatezza per una clientela sofisticata, che entra nelle case di tutti e per tutte le occasioni. La storia di Ferrero inizia nel 1942 quando Pietro apre il primo laboratorio ed è costellata di successi e invenzioni che, come il Ferrero Rocher, hanno segnato il rapporto degli italiani con il cioccolato e con la merenda: dalla pasta gianduia al cremino, dal Mon Chèri alle merende Kinder, passando per la Nutella, autentico mito del Made in Italy nel mondo. Lavorare, Creare, Donare è il motto che ha sempre guidato l’azione del Gruppo Ferrero, che ha fatto della qualità dei prodotti, del rispetto del lavoro e della responsabilità sociale i pilastri di una fortuna immutata negli anni.
La grande bontà può essere racchiusa anche in piccole forme. La storia di Gobino è quella del Piemonte del cioccolato, in cui i maestri cioccolatieri competono fra loro per il prodotto migliore. Se il famoso gianduiotto classico racchiude in 10 grammi il meglio delle nocciole IGP, anche in 5 grammi si può creare un capolavoro: il Tourinot - il piccolo gianduiotto nato dalla rivisitazione di una ricetta tipica torinese caduta in disuso a partire dagli anni Venti - privilegia la presenza del latte con l'irrinunciabile nota della nocciola. Il formato e il gusto sono di successo, infatti è venduto anche a Tokio e New York. Dato che la creatività non si ferma mai, Gobino ha messo sul mercato anche il Gianduiottino Tourinot Maximo, creato con la nota ricetta senza latte e in cui spicca il sapore del cacao e della nocciola piemontese, e il gianduiottino al caffè con le più intense miscele arabiche. L'amore per l'arte di Gobino non si ferma in fabbrica, infatti sono attive collaborazioni con il Teatro Regio di Torino, il festival musicale MiTo, il Salone del Libro e altre istituzioni ed eventi per favorire il legame tra arte ed eccellenza artigianale di cui il suo nome è emblema.
Quanti sensi occorrono per percepire un’opera d’arte? Che si tratti di una statua classica, di una tela quattrocentesca o di un’opera architettonica contemporanea la vista è il senso che ci permette di apprezzare al meglio il fascino e la complessità dell’opera. E se l’opera fosse di cioccolato? Qui certamente la sola vista non sarebbe sufficiente. Con gli occhi e con la bocca si apprezzerebbe meglio. Con gli occhi e con la bocca è anche la filosofia che caratterizza il laboratorio di alta cioccolateria La Molina: un proposito e, insieme, un consiglio per poter “sentire” l’eccellenza dei suoi prodotti. Nella provincia pistoiese, la famiglia Lunardi possiede un forno dal 1966. Qui avviene la formazione sul campo di Massimiliano e Riccardo che, nel 2001, danno vita alla loro prima produzione di cioccolato e creano La Molina, un laboratorio di dolcezze in cui il gusto che si percepisce con la bocca cammina in parallelo con il gusto estetico. Con loro l’artista Riccardo Fattori contribuisce a realizzare capolavori del gusto, dal packaging unico. Materie prime selezionate tra le migliori - cacao del Madagascar, del Ghana e del Sud America, nocciole del Piemonte IGP, mandorle e limoni siciliani, menta di Pancalieri, arance calabresi – trovano la loro massima espressione in creazioni e abbinamenti tanto sorprendenti quanto apprezzati. Il risultato migliore sono i Cretti, delizie in cui il cioccolato si affianca alle erbe aromatiche della campagna toscana, racchiuse in scatole nere come le opere di Burri negli essiccatoi del tabacco, tocchi da maestro per opere che dalla chocolate valley d’Italia arrivano oggi nel mondo.
“Tutti gli esseri umani sono differenti, perché allora non creare tanti cioccolati e caramelle, diversi per ciascuno di loro?”, così amava dire il giovane Luigi Zaini, immaginando la sua fabbrica di cioccolato: dolci diversi per persone diverse, per raggiungere tutti e soddisfare le esigenze di ognuno. Sembrava un’utopia nel 1913, quando l’avvicinarsi del primo conflitto mondiale non incoraggiava sogni di ricchezza né progetti a lungo termine. Luigi ha creduto fortemente nel suo sogno e a Milano ha creato la sua fabbrica di dolciumi, in breve tempo arrivata al successo grazie a due creazioni che hanno fatto storia. La prima è Emilia, il cioccolato fondente extra - la cui ricetta vanta ormai un secolo di vita - ispirato alla cuoca di casa Zaini, la seconda è il cioccolatino “Foto Sport”, dal packaging quanto mai attraente, che vede protagonisti gli sportivi in figurine da collezionare e scambiare. Mescolando la passione per il cioccolato a quella per lo sport in un prodotto semplice e geniale, Zaini raggiunge la popolarità in tutta Italia. Sono proprio quelle figurine a far appassionare al calcio il piccolo Leonardo Sciascia. La storia di Zaini però è anche storia di donne, anzi, di una donna in particolare, una delle prime donne imprenditrici in Italia: Olga Zaini, che prende in mano l’impresa alla morte del marito e in tempi difficili la traghetta oltre gli anni della guerra, ricostruendo la fabbrica in tempi rapidissimi. Oggi l’azienda esporta in 50 Paesi del mondo, con una proposta di prodotti sempre ampia a cui ha aggiunto le caramelle farmaceutiche ottenendo – caso raro in Europa – l’autorizzazione del Ministero della Salute per la loro produzione.
Forse in pochi sanno che fino alla fine del ‘700 la cioccolata era solo una bevanda: niente tavolette, praline o cioccolatini, la forma liquida era l’unica con cui si poteva consumare il cibo degli dèi. La prima volta che si poté finalmente mordere la cioccolata fu nel 1832, con la Scorza Majani, solida e friabile. L’azienda Majani - riconosciuta nel 2011 “Impresa che ha fatto la storia d’Italia” - era attiva già da qualche decennio, il suo laboratorio nei pressi di S. Petronio a Bologna era già un punto di riferimento affermato. L’alta qualità dei suoi prodotti conquista anche la Real Casa di Savoia che, nel 1878, accorda all’azienda la facoltà di collocare sull’insegna lo stemma reale, tuttora parte integrante del marchio. Anche l’azienda piemontese per eccellenza, la Fiat, dimostra di apprezzare il cioccolato Majani, tanto che nel 1911 nascono i cremini Fiat, creati per il lancio pubblicitario della Tipo 4. Una trovata di marketing che fa la storia della cioccolateria italiana; i cubetti di cioccolata a quattro strati conquistano il pubblico e riscuotono il giudizio positivo di grandi personalità come Marconi, Carducci e D’Annunzio. Un’idea semplice e dirompente, il cui successo è stato riproposto qualche anno fa con la creazione del Fiat Noir. Quella di Majani è una creatività sempre all’opera, che negli anni Duemila porta alla nascita del Tortellino ripieno e del Cinquino. Oggi Majani è una delle poche aziende in Italia a produrre cioccolato partendo dai semi di cacao crudo, selezionato nelle piantagioni del Centro America.
Passeggiando per Macerata, può capitare di imbattersi nel negozio di cioccolato della famiglia Marangoni, un angolo dove l’artigianalità del prodotto sposa l’innovazione della comunicazione. Quella dei Marangoni è una presenza che si rinnova da più di un secolo nella cittadina marchigiana, da quando fu aperto un forno nelle vicinanze dell’attuale negozio. Negli anni Cinquanta, l’attività si è ingrandita con la pasticceria, ma solo trent’anni fa i tre fratelli Alfredo, Lorian e Giorgio hanno deciso di intraprendere la lavorazione del cioccolato, iniziando a sperimentare abbinamenti e decidendo di chiudere forno e pasticceria per fare dell’oro nero l’unica attività. Tutta la famiglia collabora all’impresa, ognuno con il proprio ruolo, consapevoli che ciascuno può contribuire con le proprie competenze a creare prodotti di qualità. Alfredo è il creativo del gruppo, colui che immagina gli abbinamenti, audaci e insoliti, mescolando il cioccolato migliore con la frutta e le spezie; come un profumiere alla ricerca della miscela perfetta, crea le sue essenze utilizzando aromi quali il tabacco, la menta o addirittura la rosa e la viola. A supporto di queste creazioni particolari c’è Valentina Marchionni, nuova generazione in azienda: a lei si deve il rilancio del marchio con un packaging innovativo e contemporaneo, che allo stesso tempo preserva il carattere artigianale del prodotto, con scadenza e lotti scritti a mano. Sempre a mano vengono realizzati anche gli incarti e il confezionamento, per prodotti unici e mai uguali tra loro.
L’assonanza tra De Bondt e bontà è evidente per questa coppia di imprenditori - lei designer pisana e lui maître chocolatier olandese - che coniugando estetica e qualità, forma e sostanza, ha ideato una formula vincente che in pochissimo tempo l’ha proiettata nell’olimpo del cioccolato. Quella di Cecilia Iacobelli e Paul De Bondt è un’avventura che comincia nel 1993 in via Turati a Pisa. E’ qui che i due aprono il piccolo laboratorio in cui, grazie alla scelta delle migliori materie prime e ad una inesauribile fantasia, provano e riprovano le loro creazioni fino ad individuarne le combinazioni “perfette”. Un lavoro interamente artigianale nel senso più stretto del termine: al bando i macchinari, eccezion fatta per la temperatrice, tutto è fatto rigorosamente a mano, persino le confezioni. E proprio la capacità di realizzare prodotti di pregio e di commercializzarli con un packaging che armonizza estetica e funzionalità è uno degli elementi che fa del cioccolato De Bondt qualcosa di originale, capace di evocare il nuovo rimandando allo stesso tempo all’antica tradizione del territorio. Poi c’è la grande capacità di sperimentare, di creare sottili alchimie tra sapori straordinari e prodotti rari e pregiati: dall’anice stellata al cardamomo, dai diversi peperoncini utilizzati alle delicate ed eteree fragranze dei fiori come rosa e gelsomino. Il successo è diventato internazionale: Paul e Cecilia sono stati i primi artigiani italiani del cioccolato invitati ad introdurre i propri prodotti nella londinese Fortune&Mason, mentre nel 1994 la rivista The Chocolate Companion li ha inseriti fra i migliori 15 cioccolatieri del mondo.
Tra gli spumanti tipici dei nostri territori, Vernaccia è sicuramente uno dei più particolari, un vino DOCG la cui produzione è limitata ai comuni di Serrapetrona, Belforte del Chienti e San Severino Marche nel maceratese. Uno spumante raro e antico che si ottiene dalla tripla fermentazione del vitigno omonimo e che la famiglia Quacquarini produce da due generazioni. Dal connubio tra questo vino e le ciambelline, Quacquarini è partita per creare qualcosa di nuovo, utilizzando il background di competenza familiare e di tradizioni locali. Perché non utilizzare la Vernaccia per realizzare ciambelle e altre specialità di pasticceria uniche? A dare corpo a queste idee golose è Enea Gentili, maestro cioccolatiere e membro della famiglia, che con creatività ripropone e rivisita le ricette della pasticceria locale, come il torrone artigianale “Madonna della Neve”, realizzato con ingredienti completamente naturali e cotto a bagnomaria in vasca di rame. Dalla ricerca delle migliori materie prime nascono dunque prodotti unici e di eccellenza: panettone e colomba alla Vernaccia di Serrapetrona, torroni classici e specialità incartate a mano, ma anche frutta ricoperta di puro fondente e le Kyrias, sfere di cioccolato fondente purissimo che racchiudono un sorso di grappa di vinacce passite di Vernaccia.
Una vita racchiusa tra il caffè e il cioccolato è quella di Andrea Slitti, uno dei maestri cioccolatieri italiani più rinomati. Nel 1969 suo padre Luciano avvia una torrefazione, riuscendo a realizzare miscele che in breve conquistano i locali più raffinati. Venti anni più tardi Andrea e suo fratello Daniele intraprendono l’avventura nel mondo del cioccolato: altre miscele da creare per raggiungere alti equilibri di gusto. Esperto conoscitore del caffè, Andrea impara i segreti del cioccolato, unendo lo studio alla sua innata capacità creativa, consapevole che un prodotto di eccellenza si costruisce partendo da materie selezionate, siano esse chicchi di caffè o fave di cacao. Con le migliori materie prime Andrea innova la lavorazione del cioccolato, riuscendo ad esaltare tutti gli aromi del cacao, rinunciando alla lecitina di soia e utilizzando solo vaniglia naturale. Il cioccolato diventa sotto le sue mani materia da plasmare con estro e fantasia, per dare vita a prodotti insoliti e sorprendenti come il cucchiaino di fondente che si scioglie nel caffè mentre si gira lo zucchero, o la linea Lattenero, un cioccolato al latte con alte percentuali di cacao. Premiato in numerose occasioni per i suoi prodotti di alta pasticceria, Andrea è considerato dalla guida The Chocolate Companion uno degli otto migliori cioccolatieri al mondo, un artista in grado di dar forma a capolavori del gusto.
Un bambino con un turbante sulla testa: è il logo scelto da Venchi per il suo prodotto più significativo, le nougatine. Nel 1878 Silviano Venchi apre la sua cioccolateria a Torino, dopo quattro anni trascorsi nelle botteghe della città ad imparare l’arte della cioccolata e a risparmiare per poter finalmente realizzare l’obiettivo della sua vita: aprire un laboratorio di dolci, in cui dar vita alle sue creazioni. Il successo non tarda ad arrivare, il bon bon di Silviano piace e costituisce il volano per trasformare la piccola bottega in un grande laboratorio di alta pasticceria. Nella Torino del gianduia, Silviano irrompe con un croccante di nocciole tostate e caramellate ricoperto di cioccolato, caratterizzandolo con l’immagine esotica del bambino che tuttora campeggia sulle confezioni. Dopo più di un secolo, nonostante la crescita dell’azienda, Venchi produce ancora in piccoli lotti per preservare la freschezza dei prodotti, utilizzando le stesse ricette di un tempo, ma con spirito rinnovato dalla collaborazione con l’azienda Cussino, fornitrice di cuneesi al rum. La selezione delle materie prime è alla base del progetto che Venchi ha avviato in Ecuador e che punta, coinvolgendo 850 famiglie Quichwa, alla produzione di cioccolato da cacao biologico, attraverso il rispetto delle tecniche colturali tradizionali e del lavoro delle comunità coinvolte.