Pasta: tra Palladio e Strampelli
I cereali, il pane, la pasta e i dolci
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i viaggi d'autore
Da alimento di popolo a cibo globale che conserva una sua identità. E il nuovo è creare forme sempre diverse e riscoprire i grani antichi.
Macaroni, così venivano chiamati gli emigranti italiani nel mondo. Identificati con quel loro cibo povero che riempie lo stomaco. Un tempo i contadini impastavano la pasta fresca in casa: quella secca era per la domenica, quando anche le massaie avevano diritto ad un po’ di riposo. Ma la pasta è poi diventata cibo globale, in cui più profonda si sente l’identità italiana: quel mix di aderenza territoriale, creatività, cultura che dà luogo a prodotti unici. L’evoluzione di questo comparto ha seguito due strade. Da una parte produrre nuove architetture: il design si è molto applicato a inventare nuovi formati – oggi se ne contano più di 300, alcuni di assoluto stile. Dall’altra, la riscoperta di grani antichi, fondendo Palladio, il genio dell’architettura, e Nazzareno Strampelli, uno dei massimi genetisti che ai primi del 900 cominciò a selezionare le spighe per ottenere frumento migliore. Da questa ricerca è ripartita la cerealicoltura nazionale, mettendo a dimora nei campi produzioni di poca quantità ma di altissimo valore aggiunto, come il Senatore Cappelli, la Solina, il Grano Arso, il Farro. Un processo che ha coinvolto sia i produttori di paste secche, sia quelli di paste all’uovo e ripiene. E poi c’è la cura nella produzione, che in molti casi segue i ritmi della tradizione artigiana. Arte, scienza, tecnologia nutrono l’autentica pasta italiana. Per comprenderlo è sufficiente considerare che per portare i macaroni nel mondo, registi da Oscar hanno firmato gli spot dei nostri maggiori marchi.
I casi aziendali che hanno ispirato i viaggi d’autore
Antica Dolceria Bonajuto di Ruta Franco s.a.s.
Fontanella Stefano
SA.PI.SE. COOP. AGR.
Chi non vorrebbe provare l’esperienza di un viaggio nel tempo? Magari nella terra degli Aztechi, custodi dei segreti del cioccolato e conoscitori delle sue proprietà e della sua lavorazione. Per farlo non occorre aspettare l’invenzione di una macchina speciale, è sufficiente visitare la bottega dolciaria Bonajuto a Modica. Aperta dal 1880 da Francesco Bonajuto, in più di un secolo è diventata il punto di riferimento per la tutela delle tradizioni dolciarie siciliane di origine araba e spagnola. Nel laboratorio di Francesco, oggi come ieri, il cioccolato viene prodotto utilizzando i metodi delle popolazioni mesoamericane, così come furono riportati e trasmessi dagli spagnoli che dominarono la Sicilia. La massa di cacao formata dai semi macinati e contenente il burro di cacao viene riscaldata a basse temperature e mescolata con lo zucchero e le spezie. I cristalli di zucchero restano così integri e il composto viene versato negli stampi e battuto perché ottenga la forma desiderata. L’assenza della fase di concaggio e la lavorazione a freddo permettono al cioccolato di conservare tutti i suoi aromi, senza necessità di aggiungere altre sostanze, come lecitina o grassi vegetali. La particolare pasta del cioccolato Bonajuto l’ha reso ottimale per un esperimento di stampa tridimensionale, tentato nel 2014 a Ragusa con l’utilizzo di una stampante 3D in cui il materiale di stampa era proprio il cioccolato dell’Antica Dolceria. Custode dell’antico e pioniere del nuovo, Bonajuto è la macchina del tempo della cioccolateria italiana.
Attenta alla qualità e al rapporto diretto con il consumatore: l’azienda agricola Fontanella di Lumellogno, nel basso novarese, ha come imperativi la cura del prodotto e la soddisfazione del cliente, privato o ristoratore che sia, da educare al gusto genuino della tradizione. Fondata nel 1960, l’impresa coltiva con metodi assolutamente naturali, basandosi sui principi dell’agricoltura biologica e su innovazioni tecnologiche che esaltano sapori e valori: lo spaccio aziendale è lo sportello verso questo mondo, dove si può trovare in vendita la varietà superfina Carnaroli, punta di diamante della produzione dell’azienda, di fianco ad altre varietà – quali il riso selvatico “Wild Rice Zizania Aquatica”, il Gladio, l’Ermes – e derivati come biscotti e farine, ottime anche per chi soffre di celiachia.
Sardo Piemontese Sementi: con questa connotazione geografica che rimanda a tempi andati, la Sapise – divisa tra Piemonte e Sardegna – si attesta come leader di nicchia nella la produzione di riso piemontese, assieme a sementi originarie dell’isola mediterranea. L’azienda è particolarmente impegnata nella ricerca di particolari cultivar in tutto il bacino Mediterraneo, tramite selezione e incrocio, dunque non ricorrendo in alcun modo ad organismi geneticamente modificati. Il motto “Coltiviamo il riso di domani da trent’anni” incarna questo duplice spirito: conservare per tramandare, sperimentare per innovare. Di fianco a tradizionali campi di coltivazione, infatti, sorge una Banca del Germoplasma, una collezione di varietà cui attingere per effettuare nuovi incroci; un laboratorio di analisi e selezione; un più classico centro studi su come migliorare la qualità del raccolto intervenendo su argini e solchi, agendo contro le malerbe, tenendo sotto controllo alghe e coppette. Con Sapise, insomma, il futuro si gusta in tavola.
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