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I vini, gli spumanti e i distillati
Hanno fatto la storia del Friuli e hanno fatto la storia del vino friulano questa famiglia di nobilissimi conti insediata nella zona di Buttrio – a 12 chilometri da Udine nella terra dei Colli Orientali Friulani - da più di mezzo millennio. La Tenuta si estende su 110 ettari quasi interamente a vigneto ed appartiene alla famiglia da oltre 500 anni. Negli antichi documenti conservati nell’archivio castellano si trovano numerose annotazioni storiche come quella che, nel 1140, dieci colonie di Buttrio venivano date in dote ad un convento di Benedettini affinché i monaci potessero trarne vini ed olio: la Tenuta Sottomonte fino a qualche anno fa contava ancora dieci colonie. Di particolare rilievo il seicentesco Palazzo di Famiglia appena ristrutturato e attualmente sede di un albergo e ristorante: Palazzo d'Attimis Maniago con le relative scuderie. Un particolare vanto è quello di utilizzare unicamente uve prodotte nei propri vigneti che, per il 70 % sono costituiti da viti nate nei campi di selezione clonale della Tenuta. Vigneti quindi perfettamente ambientati e vini veramente tipici. Un "grande" vino, del resto, non può nascere che da un "grande" vigneto. E in questo caso si tratta divini – come l’ultima linea nata quella “Casali Maniago” – che hanno confidenza con la storia di queste terre. www.contedattimismaniago.it/
Se i vini del Salento e il Salento medesimo sono oggi così appetiti di certo una parte del merito va a questa famiglia che tiene vigna nella parte estrema della Puglia da 350 anni. Lo testimonia ad esempio il bellissimo museo del vino in cui i De Castris hanno racchiuso non solo la storia della lor dinastia, ma l’intera storia rurale del Salento. Ed è provato che a piantar vigna qua “tra i due mari” di Salice Salentino fu il il Duca Oronzo Arcangelo Maria Francesco Conte di Lemos (nipote di Ferrante e Francisco, entrambi viceré spagnoli in Italia), fece nascere la cantina nel 1665. Da quel momento la storia agricola di questa regione cambiò. Ma ci sono altre due date storiche che disegnano il percorso di eccellenza de De Castris. La prima è il 1925 quando Piero e Lisetta Leone De Castris decidono d’imbottigliare i loro vini. Fin dall’800 la tenuta aveva preso ad esportare – principalmente su due mercati Stati Uniti e Germania – i vini sfusi, vini che sfruttando il corredo ampelografico di queste terre meravigliose e cioè Primitivo e Negramaro tra i rossi Bombino tra i bianchi era considerati tra i migliori per insanguare anche bottiglie apparentemente più nobili. Ma l’altra data veramente storica è il 1943 quando nasce il “FiveRoses”, il primo rosato italiano ad essere imbottigliato, il primo ad essere esportato e che segna il definitivo ingresso del Salento tra le grandi terre da vino e diviene la consacrazione del Negroamaro. Questo vino ha una storia curiosa anche nel nome che è legato a una contrada nel feudo di Salice Salentino, “Cinque Rose” appunto, ma anche quella tradizione quasi leggenda legata al fatto che per intere generazioni ogni Leone de Castris ha avuto cinque figli. Fu sul finire dell’ultima guerra che il generale Charles Poletti, commissario per gli approvvigionamenti delle forza alleate, chiese una grossa fornitura di vino rosato. Italiano sì, ma dal nome rigorosamente americano. Così nacque il Five Roses. www.leonedecastris.com
Quando si chiede birra della casa al pub Manerba Brewery non si può sbagliare, perché la birra viene prodotta al di là del vetro che separa il locale dalla fabbrica. Dalla produzione al consumo, una filiera cortissima che permette ai clienti di assaporare i prodotti di questo birrificio artigianale appena nati. L’azienda di Manerba nasce dalla volontà di Alfredo Riva che, viaggiando attraverso l’Europa, carpisce i segreti dei migliori birrifici per poi lanciarsi nell’avventura di una fabbrica di birra tutta sua. Dal 2012, lo affianca Riccardo Redaelli, anche lui appassionato di birra, con esperienze come homebrewer. Nel 1999 viene inaugurato il locale che prevede una zona per la produzione e una per il pub. Punto di forza del birrificio è l’impianto acquistato dalla Kaspar Schultz, una delle migliori aziende tedesche in questo settore. Il risultato è una birra di alta qualità. Diversi i processi di gasatura per birre che arrivano al cliente ancora vive. L’acqua è utilizzata senza trattamenti preventivi, i lieviti sono forniti da un’azienda di Villanova sull’Arda, il malto da un’azienda di Bamberga tra le migliori, i luppoli sono di varietà pregiate. Sapienza europea per prodotti di artigiani italiani, apprezzati e premiati in varie occasioni.
L’Azienda Barone di Villagrande si trova sul versante Est del vulcano Etna. I vigneti, dominati dalla cantina, digradano in un anfiteatro naturale si affacciano sulla splendida costa di Taormina e della Sicilia orientale. In questi terreni, da sempre di proprietà della famiglia, nascono pregiati vini dell'Etna che fin dal 1727 ricevono grandi apprezzamenti nei mercati nazionali e internazionali. Da oltre 10 anni l’Azienda è impegnata anche nella produzione del rinomato vino Malvasia delle Lipari tipologia “Passito”, sull’isola di Salina nell'arcipelago delle Isole Eolie. Si può dire che la famiglia Villagrande abbia determinato il successo dei vini dell’Etna puntando soprattutto sull’autoctono più riconosciuto di queste terre: Il nerello Mascalese. I Nicolosi arrivarono in queste terre nel ‘600. E la storia della famiglia è indissolubilmente legata al progresso che seppero imprimere alla viticoltura. Sarà infatti per questi meriti che l’Imperatore Carlo VI di Asburgo concederà a Carmelo Nicolosi nel 1726 il titolo di Barone di Villagrande con relativi privilegi. Nel 1948 Carmelo Nicolosi Asmundo, di certo tra i primi in Sicilia ed in Italia, imbottigliava in bordolese da 0,75 litri la prima riserva di Etna Rosso che sarebbe stata immessa al consumo e ancora nel 1968 viene riconosciuta la D.O.C. Etna, la prima Denominazione di Origine Controllata in Sicilia. Volontà di realizzazione e stesura furono ad opera di Carlo Nicolosi Asmundo. Da oltre dieci generazioni la famiglia Nicolosi a Villagrande è sinonimo di vini dell’Etna. www.villagrande.it
L'azienda Cantine Conte Zandotti ha un'estensione di 30 ettari di proprieta' e 10 in affitto su una collina il cui suolo ha origine vulcanica, nel comprensorio di produzione del vino Frascati DOC e il cui panorama spazia dal monte Gennaro al Soratte a Roma fino al mare. Negli ultimi anni si sono affiancate alle storiche cantine di Frascati, due realta' produttive in famose zone vinicole: in Sicilia nella zona di Marsala e in Umbria nella zona dell'Orvieto Classico. La cantina di fermentazione e' ricavata in una antica cisterna Romana di acqua dove la storia, l'architettura millenaria e le piu' moderne tecnologie enologiche si uniscono in un perfetto connubio che creano le condizioni ideali ed uniche per la vinificazione dei nostri vini. L'Azienda agricola ha origine nel lontano 1734 quando un avo dell'attuale Conte Zandotti il Cardinale Francesco Aluffi Pentini eredito' dal Cardinale Federico Cesi, fondatore dell'Accademia Dei Lincei insieme ad altri immobili il feudo denominato Tenimento San Paolo gia' appartenuto alla Basilica di San Paolo di Roma. Il Cardinale Aluffi Pentini, appassionato agricoltore, trasformo' la tenuta da riserva di caccia in fiorente azienda vitivinicola impiantando gia' allora i migliori vitigni esistenti che importo' dalla Grecia e dalla Francia. L'antica cisterna romana a tre navate, adibita a cantina, sottostante il palazzotto fortificato di famiglia e la grotta scavata nel tufo hanno, quindi,per secoli raccolto, curato e conservato i vini prodotti nell'azienda. Un’azienda che è stata in prima fila a nel difendere e diffondere vitigni come la Malvasia Puntinata che è il vitigno bianco principe dei colli Romani. www.cantinecontezandotti.it
Se esiste il Prosecco che è diventato un successo mondiale, ma ancora di più se esiste una via italiana al vino spumante si deve alla famiglia Carpenè che dopo i primi anni dall’esordio acquisì il controllo della società vinicolo-agraria fondata insieme ai Malvolti mantenendo però il marchio storico. I Carpenè hanno segnato la storia dell’enologia italiana fondando a Conegliano il più autorevole istituto di scienze enologiche d’Italia capace di rivaleggiare con l’università di Bordeaux, hanno consentito a Martinotti di sperimentare, affinare e sostanzialmente implementare qui il metodo di fermentazione in autoclave che è stata la tecnica che ha decretato l’avvio e poi il boom del fenomeno Prosecco. Oggi a capo di questa dinastia plurisecolare del vino di qualità, ma più ancora della cultura tecnica del vino, è Etile Carpenè che ha portato avanti anche le distillerie di famiglia (il brandy Carpenè è il più famoso d’Italia) e si è dato ala produzione anche di vini “tranquilli”, cioè non spumantizzati. Tra i tanti meriti storici dei Carpené va sicuramente annoverata la capacità di scommettere sull’uva Glera (è la base del Prosecco) con un approccio scientifico: il miglioramento genetico e la qualificazione dei sistemi colturali. Oggi a fianco di Etile Carpené c’è la figlia che sta dando un impulso contemporaneo all’immagine dei vini di famiglia. www.carpene-malvolti.com
Non si può parlare di vino italiano, del grande vino di Sicilia non guardando a quel luogo d’incanto che è il contado di Regaleali a Sclafani. Qui la nobilissima famiglia Tasca d’Almerita da oltre due secoli tiene vigna. Oggi l’azienda è estesa su 600 ettari di vigneto. Otto generazioni di una famiglia legata a due luoghi straordinari e anch'essi parte della storia siciliana: Regaleali, oggi di 500 ettari, al centro geografico del triangolo siciliano e Villa Tasca (già Camastra) centro della vita sociale e artistica siciliana della seconda metà dell'800. I Conti Tasca hanno rappresentato sempre la punta avanzata di una cultura legata al fare, impegnandosi nell'innovazione delle tecniche con l'introduzione immediata di nuove colture e macchinari agricoli. A Regaleali tra la fine dell'800 e i primi anni del 900 lo scopo è di fare della Tenuta un'azienda agricola modello, moderna e specializzata, con le mille difficoltà di operare al centro di una Sicilia ancora indietro nello sviluppo. Dalla metà del '900 la famiglia si allarga e si specializza per diventare azienda organizzata, gruppo di uomini che inventa, produce e diffonde nel mondo le cose della terra, portatori di messaggi di concretezza e coerenza, a partire dall'umile sforzo quotidiano. Regaleali diventa azienda vitivinicola e inizia la lunga storia della produzione e distribuzione del Rosso del Conte, riserva di Nero d'Avola e Perricone elevato in castagno, dichiarando fin dall'inizio la propria vocazione alla tipica valorizzazione del territorio e della cultura siciliana, per arrivare al successo di mercato del Regaleali Bianco, il primo vero interprete del più puro Made in Sicily vocato al territorio. www.tascadalmerita.it
Fondata nel 1898 da Salvatore Contini, rappresenta oggi un’assoluta eccellenza all’interno del panorama enologico sardo. Il viaggio della famiglia Contini nelle strade del vino è lungo ed appassionante . Attilio, figlio di Salvatore, porta avanti l’impegno intrapreso dal padre. Ingrandisce l’attuale cantina e potenzia la superficie dei vigneti. Ma cosa significa oggi entrare nelle cantine Contini? Equivale ad incontrare la dedizione e la competenza di Paolo Contini, dei nipoti e dell’enologo Piero Cella nella selezione delle uve, nella vinificazione e nell’invecchiamento. Ma significa anche andare alle radici di uno dei vini più esclusivi d’Italia e certo più antichi: la Vernaccia di Oristano. Un vino unico che nasce dalla sapienza antica di appassire le uve di Vernaccia bianca e di fortificarle per ottenere un vino da meditazione che tuttavia trova amplissimo impiego gastronomico e una vastità di abbinamenti. I Contini sono stati e sono tutt’ora tra i più strenui difensori di questa tipologia che per molti anni è stata marginalizzata e che ora ha ritrovato una nicchia di pregio nei mercati mondiali. Parimenti da questa famiglia è venuto un nuovo impulso nella vinificazione del Cannonau (quell’uva che i francesi chiamano Grenache e che per gli spagnoli è la Guarnaccia, ma che è certamente autoctona della Sardegna) che oggi rivaleggia per qualità e finezza con i maggiori vini rossi internazionali. www.vinicontini.it
Angelo Gaja è più di ogni altro il vino italiano di massima qualità nel mondo. E’ lui il personaggio che la stampa specializzata interazionale ricerca per fare dell’Italia un ritratto dinamico, è lui che ha avuto in anni di oblio il coraggio di scommettere sul Barbaresco di cui è divenuto il massimo produttore. Angelo Gaja è il profilo del moderno imprenditore: capace di dialogare con la storia e con la natura, ma proiettato a dare al mercato un’immagine di qualità assoluta che poggia su di una solida cultura. Dal “ridotto” di Barbaresco Angelo Gaja ha esplorato anche i territori nobili di Montalcino dove produce, misurandosi con il Sangiovese che è vitigno assai più ostico del pure nervoso Nebbiolo, un Brunello d’autore e con le nuove terre del grande vino di Toscana: Bolgheri dove ha messo a dimora i vitigni internazionali. Ma la storia delle cantine Gaja è antica quanto il Barbaresco e il Barolo. Angelo che oggi ha avviato figli in azienda e che si è fatto importatore anche di grandi Champagne riconoscendo ai “rivali” francesi un expertise di qualità, ha ereditato dal padre che li aveva avuti dal nonno i vigneti di famiglia nella zona di Barbaresco ed ha ampliato la produzione comprano dei singoli crù. Non solo rossista la cantina Gaja ha sperimentato in Piemonte anche grandi bianchi che hanno valso a questo ambasciatore del vino italiano fama mondiale.
E’ lui medesimo un patriarca: ha varcato la soglia del secolo di vita con una biografia che pare un romanzo. Esule istriano ha lasciato in una notte e terre e le fortune di famiglia per cercare riparo da ”clandestino” come ama ripetere oltre il muro di Nuova Goriça portandosi dietro anche il fratello minore, Marco, che si è fato pure lui vignaiolo. Livio aveva alle spalle un’esperienza di commercio di vino: tra Cormons e l Collio ha trovato il coraggio e la forza di metter su vigna e di ricominciare. Oggi la Livio Felluga è al cantina di maggior prestigio dei Colli Orientali del Friuli ed è il sancta sanctorum del “Friulano” della Ribolla Gialla, della Malvasia del Carso oltre ad aver espresso con vini come Il Terre Alte (una bottiglia mito per gli amanti dei grandi bianchi) o l’Illivio o il Rosentplaz una qualità eccelsa. Ma Livio negli ani si è dato anche ala rivalutazione di un rosso che in Friuli era considerato vino da mensa: il Refosco dal Peduncolo Rosso e ne ha prodotto bottiglie memorabili. Oggi a condurre la Livio Felluga - che si è buttata anche nell’impresa di rivalutare i vini dell’antichissima Abbazia di Rosazzo con esiti assai felici sia nella ripresa degli antichi vigneti che nella cura dei roseti monumentali - ci sono i quattro figli di Livio e i suoi nipoti ma nel quartier generale di Brazzano di Cormons la parola decisiva è ancora quella del patriarca. www.liviofelluga.it
Aglianico, Greco di Tufo, Fiano tanto per dire di tre vitigni che sono l’orgoglio della Campania in vigna e che non avrebbero mai varcato le soglie della notorietà regionale se da secoli la famiglia Mastroberardino non avesse portato nel mondo i valori di una viticoltura antichissima nelle origini, modernissima negli esiti gustolfattivi. Probabilmente il Greco (di Tufo) e il Fiano sono oggi i vini bianchi più noti d’Italia, certamente tra i più riconoscibili. E del pari si può dire dell’Aglianico tra i rossi che i Mastroberardino hanno nobilitato profondendo ogni energia nella denominazione Taurasi. E acanto a questi che sono gli autoctoni più noti i Mastroberardino hanno difeso e diffuso la Falanghina (grande bianco) il Piedirosso, la Coda di Volpe. Famigli accreditata ad Atripalda a partire dal ‘600 i Mastrobebardino tengono vigna ininterrottamente dal diciassettesimo secolo. Oggi la famiglia che ha nella tenuta Mirabella Eclano il cuore produttivo è impegnata in un programma di viticoltura sostenibile e sostiene tanto la ricerca scientifica e tecnologica quanto quella storico archeologica attorni ai vini dell ‘Irpinia. Da questo punto di vista va notato l’impegno che i Mastroberardino hanno profuso a Pompei dove hanno recuperato gli antichi vitigni e i sistemi di vinificazione dell’epoca romana producendo bottiglie che sono dei beni culturali. www.mastroberardino.com
Poderi e Cantine Oddero" è un marchio storico tra i produttori del Barolo. La famiglia Oddero è stata tra le più strenue nella difesa del Barolo tradizionale, affinato in botte grande, minerale, nervoso, capace di raccontare la magrezza e insieme la magnificenza della terra di Langa. Nella storia ultracentenaria di questa cantina si contano infiniti esperimenti per migliorare la resa e la qualità del vitigno Nebbiolo e si può dire che Oddero appartenga a quella ristrettissima cerchia di cantine che in Italia hanno dato valore agli autoctoni applicandosi al miglioramento del vitigno grazie alla ricerca in campo. Rimasto per generazioni in mani maschili, è adesso di proprietà di Mariacristina e Mariavittoria, figlie di Giacomo Oddero, patriarca del Barolo e personaggio noto non solo in terra di Langa. Sapienza antica e aggiornate tecniche produttive applicate con pazienza e tenacia alla produzione dei propri vini fanno sì che l’azienda dedichi un’attenzione totale alla produzione: dalla potatura, a tutte le operazioni in verde, alla pigiatura fino all’affinamento per anni delle annate selezionate. I vigneti Oddero sono sparsi nelle migliori posizioni solatie (sorì) delle colline della zona del Barolo e Barbaresco, del Moscato e della Barbera d’Asti. Barolo DOCG, Barbaresco DOCG, Langhe DOC Nebbiolo, Dolcetto d’Alba DOC, Barbera d’Alba DOC Superiore, Barbera d’Asti DOCG Superiore, Langhe DOC Bianco Collaretto e Moscato d’Asti DOCG Cascina Fiori: perfetta espressione della tipicità del territorio piemontese. www.oddero.it
Non già di un vitigno, anche se si deve a questa azienda la rinascita del Dolcetto di Dogliani, ma della Storia d’Italia qui è custodita la memoria. E di un grande dell’Italia: il primo Presidente, eletto, della Repubblica Italiana. Ma più che l’Einaudi politico qui s’incontra lo studioso di economia, il liberale che profuse ogni risorsa intellettuale a difesa della libera intrapresa a spiegare le ragioni fondanti del desiderio-bisogno degli uomini liberi d’intraprendere, e l’Einaudi agricoltore che volle sperimentare nei suoi poderi nuove tecniche colturali. Oggi l’azienda si estende per oltre 155 ettari è divisa tra le campagne di Dogliani e le prestigiose vigne di Barolo tra Treiso, Cannubi e Terlo Vie Nuove dove sono ubicati 11 casolari, un magnifico relais e le cantine storiche. Luigi Einaudi nasce in Piemonte, a Carrù nel 1874, da famiglia borghese di servitori di Stato e di notai. Riguardo alle origini della famiglia paterna, Einaudi scrive con la consueta ironia: “Gli Einaudi vengono dalla Val Maira, sopra a Dronero; e lì si contano più Einaudi che sassi, ab immemorabile, tutti montanari, boscaglioli, pastori e contadini”. Dopo la morte del padre, nel 1888, si trasferisce a Dogliani, paese d’origine della madre. Nel 1897 Luigi Einaudi acquista la cascina settecentesca di S. Giacomo a soli 23 anni. Primo tassello e cuore dei poderi Einaudi. Associando le sue previsioni economiche al desiderio di recuperare antiche terre perse per sfortuna dalla famiglia, alla sua morte aveva creato un’azienda agricola modello. www.poderieinaudi.com
Le terre sono di proprietà della famiglia Scala fin dal 1600. Da sempre la famiglia si è dedicata alla coltivazione della vite e dell’ulivo, ma nulla esisteva come complesso aziendale di quel che esiste oggi. Inizialmente vi era solo la casa della famiglia Scala con annesso un antico frantoio: pesanti ruote di pietra (di cui ancora conserviamo gelosamente i resti) che giravano in tondo trainate dagli animali per schiacciare le olive. Per quanto riguarda i vigneti, anticamente si produceva esclusivamente solo uva che veniva venduta direttamente. Tutte queste attività vennero prese in mano dal 1960 da Federico Scala (nipote di Falcone Lucifero, ministro della Real Casa). Grazie a lui nacque il centro aziendale, staccato dal casale familiare, a cui diede il nome SANTA VENERE, come il nome del torrente che attraversa la proprietà. Inizialmente Federico Scala era il solo della famiglia ad operare nell’azienda. Poi, terminati gli studi universitari, anche il figlio Giuseppe Scala decise di inserirsi attivamente in questo settore e l’azienda ha avuto un importante impulso. Oggi sono 150 ettari tutti coltivati in regime biologico. Ma la centralità di Santa Venere è data dal fatto che l’impegno antico della famiglia Scala nella viticoltura ha di fatto segnato il destino agricolo di Cirò e la nascita della denominazione Cirò che designa oggi la Calabria nel mondo e ha dato notorietà internazionale a vitigno come il Magliocco e il Gaglioppo che sono usciti dall’enclave territoriale per diventare noti a livello internazionale. www.santavenere.com
Da sette generazioni la famiglia Speri ha iniziato l’attività di viticoltori in Valpolicella. Cambiano i tempi, ma i vecchi valori restano, così come rimane l’orgoglio di far parte di una straordinaria terra come la Valpolicella Classica, unito al dovere morale di raccontarla attraverso questi vini. Famiglia storica della Valpolicella, l’azienda Speri è un’autorevole e fedele interprete dei vini della Valpolicella Classica, divenuta, per la sua continuità e il suo forte radicamento al territorio, un punto di riferimento dell’enologia italiana. La storia dell’azienda inizia nella prima metà del 1800 con pochi ettari adiacenti all’abitazione della famiglia Speri. Nel corso degli anni, l’azienda investe nell’acquisizione di nuove proprietà nelle zone di maggior vocazione della Valpolicella Classica, fino a raggiungere i 60 ettari di oggi. Dalla vigna alla bottiglia vinificano esclusivamente le uve di produzione propria e seguono direttamente tutte le fasi della produzione. Corvina, Molinara, Corvinona sono la base dei grandi Amarone di questa cantina che però non ha dimenticato il Trebbiano di Soave con il quale produrre un affascinante bianco. Veramente gli Speri si possono considerare tra i principali custodi della tradizione enologica della Valpolicella che viene declinata oggi con tecniche colturali rispettosissime dall’ambiente e pratiche di vinificazione – a cominciare dal controllo maniacale dell’appassimento delle uve – basate su tecniche d’avanguardia. www.speri.com
Se il Montepulciano d’Abruzzo è diventato uno dei vini rossi più importanti al mondo e se il Trebbiano, il tanto bistrattato Trebbiano, d’Abruzzo ha prodotto per molti anni il miglior bianco italiano si deve ad Edoardo Valentini che è stato il vero artefice della rinascita dei vini abruzzesi. Ed oggi suo figlio Francesco (Paolo) impegnato in una sua personalissima quanto benemerita battaglia per il riconoscimento d’origine di prodotti come il grano, l’olio, le carni – visto che l’azienda Valentini è un gioiello di produzione e di cultura rurale – continua l’opera di Edoardo senza deflettere dalla qualità, dalla tradizionalità, dalla identità dei vini Valentini. Vini che hanno una storia plurisecolare alle spalle. La famiglia Valentini è proprietaria dell'omonima azienda agricola di Loreto Aprutino, in provincia di Pescara, sin dalla metà del Seicento. A quell'epoca questa nobile famiglia di origine spagnola era guidata da Antonio Valentini che nel 1625 era stato nominato dal conte Francesco Ferdinando D'Afflitto visconte di Loreto, Collecorvino, Picciano e Moscufo. Nei decenni seguenti l'azienda, particolarmente estesa, sarebbe sempre stata gestita dai discendenti della famiglia. Agli inizi del XIX secolo gli indirizzi colturali dell'impresa erano ormai ben delineati. La produzione, come del resto lo è ancora oggi, era incentrata su vino (Trebbiano e Montepulciano in particolare), cereali e olio e sull'allevamento del bestiame. Nel 1868 Camillo Valentini venne premiato all'Esposizione agraria regionale abruzzese per il suo aceto, mentre nel 1899 all'Exposition - concours franco-italien di Nizza l'impresa otteneva un diploma d'onore per il suo olio d'oliva. Anche nella prima parte del Novecento l'azienda guidata da Edoardo Valentini avrebbe ottenuto importanti riconoscimenti, come ad esempio il diploma (e duecentomila lire) ricevuto al concorso nazionale per l'aumento della produttività organizzato dal Ministero per l'agricoltura e le foreste. Attualmente l'azienda, che nel 2011 è stata eletta dalla guida Vinid'Italia "cantina dell'anno", è gestita da Francesco Paolo Valentini.